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  • 'Paesaggi di vita'. Mito e racconto nel cinema documentario italiano (1948-1968) →
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L’articolo esplora il tema del rapporto fra paesaggi, corpi e azioni nel cinema di Ugo Saitta a partire dall’elaborazione di un insieme di ‘schemi rituali’ della realtà tradotti e restituiti in forma filmica. L’analisi si concentra in particolare sulle retoriche ricorrenti, i punti di vista e le forme che ritornano, ogni volta con un accento differente. Il cinema di Ugo Saitta si presenta come un cinema ‘artigianale’ che con mezzi ridotti ha saputo restituire il sostrato mitico della Sicilia e la sua storia da metà del dalla ricostruzione del Secondo dopoguerra fino agli opulenti anni Ottanta, senza mai trascurare la radice costitutiva dell’isola, fatta di tradizioni e costumi millenari. Un film dopo l’altro, il regista catanese traccia un paesaggio di figure periodiche, una sorta di alfabeto di fatti e situazioni da cui attinge per raccontare ogni volta una storia diversa.L’articolo esplora il tema del rapporto fra paesaggi, corpi e azioni nel cinema di Ugo Saitta a partire dall’elaborazione di un insieme di ‘schemi rituali’ della realtà tradotti e restituiti in forma filmica. L’analisi si concentra in particolare sulle retoriche ricorrenti, i punti di vista e le forme che ritornano, ogni volta con un accento differente. Il cinema di Ugo Saitta si presenta come un cinema ‘artigianale’ che con mezzi ridotti ha saputo restituire il sostrato mitico della Sicilia e la sua storia da metà del dalla ricostruzione del Secondo dopoguerra fino agli opulenti anni Ottanta, senza mai trascurare la radice costitutiva dell’isola, fatta di tradizioni e costumi millenari. Un film dopo l’altro, il regista catanese traccia un paesaggio di figure periodiche, una sorta di alfabeto di fatti e situazioni da cui attinge per raccontare ogni volta una storia diversa.

The article explores the theme of the relationship between landscapes, bodies and actions in Ugo Saitta's cinema, starting from the elaboration of a set of ‘ritual patterns’ of reality translated and recreated in filmic form. The analysis focuses in particular on recurring rhetoric, points of view and forms that return, each time with a different accent. Ugo Saitta's cinema presents itself as a ‘craft’ cinema that, with reduced means, has been able to restore the mythical substratum of Sicily and its history from the post-World War II reconstruction to the opulent 1980s, without ever neglecting the island's constitutive root, made up of millenary traditions and customs. One film after another, the director from Catania traces a landscape of periodic figures, a sort of alphabet of facts and situations from which he draws to tell a different story each time.

 

Corpi che tessono un dialogo vivace con il paesaggio che li circonda: paesaggio fisico, culturale, naturale, antropico o in fieri. È questa l’immagine più ricorrente del cinema di Ugo Saitta, autore che ha raccontato la Sicilia del pieno Novecento, dalla ricostruzione del Secondo dopoguerra fino agli opulenti anni Ottanta, senza mai trascurare la radice costitutiva dell’isola, fatta di tradizioni e costumi millenari. La sua opera conferma quanto il policentrismo delle strutture produttive del cinema italiano (Brunetta 2003, p. 14), attestatosi nel periodo del muto, continui la propria parabola nei decenni successivi, tendendo al contempo verso una koinè nazionale.

Saitta ha avuto con il cinema una relazione simile a quella che lega un artigiano al suo mestiere. Un rapporto fatto di aggiustamenti, di scelte pratiche nella produzione di film per lo più realizzati in un contesto circoscritto e con mezzi limitati, per scopi anche lontani dalla semplice espressione autoriale. Eppure, allo stesso modo di Vittorio De Seta e Giuseppe Alliata, egli è riuscito a restituire il sostrato mitico della sua terra, individuando, grazie alla concretezza del suo approccio al lavoro e alla realtà, una linea di narrazione unica e personale. Senza fermarsi alla bellezza della Trinacria, il regista catanese ha raccontato in che modo l’uomo sia riuscito a rendere contemporaneo l’orizzonte leggendario della più grande isola del Mediterraneo. Ma per farlo ha dovuto costruirsi un vocabolario personale, un frasario chiaro a cui riferirsi, un ‘canovaccio di norme’ che è diventato la sua cifra distintiva.

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