A Bologna, per il quarantennale dalla morte di Pasolini, Andrea Adriatico e i Teatri di Vita hanno tentato una coraggiosa e complicata scommessa: portare in scena, nello spazio immersivo di un salotto teatrale, il suo ultimo romanzo, incompiuto e pubblicato postumo, Petrolio. Testo ambizioso e di difficile lettura, programmaticamente costruito per appunti e frammenti, che alterna la narrazione in terza persona ad inserti a voce viva dell’autore, Petrolio è un «brulicante dossier» su trent’anni di storia economica e politica italiana scritto mentre si infittiscono le trame oscure che vedono i vertici della nostra maggiore azienda pubblica, L’ENI, implicati nella nascente P2 e nella strategia della tensione (Pasolini attinse a un libro-verità, Questo è Cefis, uscito nel 1972 e presto fuori commercio, mentre nello stesso anno Francesco Rosi firmava, al cinema, Il caso Mattei). Ma Petrolio è al contempo un romanzo metaforico e allegorico «sull’ossessione dell’identità e la sua frantumazione» attraverso la vicenda di Carlo, il protagonista, che è segretamente abitato da due figure, l’angelico Polis e l’infero Tetis: il primo è colto intellettuale moderatamente di sinistra, ingegnere dell’Eni, che compie con dolcezza e eleganza la sua scalata al potere, il secondo è suo servo e sua ombra infernale, tutto preso dall’esasperazione del sesso prima verso donne e ragazze, poi in chiave omoerotica, lungo una degradante coazione a ripetere che non smette con la sua improvvisa metamorfosi trans.

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