Io ero, quell’inverno, in preda ad astratti furori. Non dirò quali, non di questo mi sono messo a raccontare. Ma bisogna dica ch’erano astratti, non eroici, non vivi; furori, in qualche modo, per il genere umano perduto. Da molto tempo questo, ed ero col capo chino. Vedevo manifesti di giornali squillanti e chinavo il capo; vedevo amici, per un’ora, due ore, e stavo con loro senza dire una parola, chinavo il capo; e avevo una ragazza o moglie che mi aspettava ma neanche con lei dicevo una parola, anche con lei chinavo il capo. Pioveva intanto e passavano i giorni, i mesi, e io avevo le scarpe rotte, l’acqua che mi entrava nelle scarpe, e non vi era più altro che questo: pioggia, massacri sui manifesti dei giornali, e acqua nelle mie scarpe rotte, muti amici, la vita in me come un sordo sogno, e non speranza, quiete.
Elio Vittorini, Conversazione in Sicilia
La sapienza drammaturgica della compagnia marionettistica dei Fratelli Napoli, pupari di tradizione catanese, incontra la letteratura di Elio Vittorini e Conversazione in Sicilia (1941): nasce così lo spettacolo Astratti furori siciliani (2012) in cui i personaggi ‘universali’ di Conversazione palesano una perfetta corrispondenza con gli eroi (e non solo) delle storie dell’Opera dei pupi. Sia il testo di Vittorini sia quello dei Napoli raccontano (ciascuno nel suo specifico linguaggio) – simbolicamente e allegoricamente – una storia che intende riflettere sul mondo offeso e sulla necessità di aspirare a un ordine più giusto [fig. 1].