Galleria

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Guardo, per così dire in anteprima, i quadri di Maccari che usciranno nella mostra della galleria La Tavolozza. Ed ecco che prendendo avvio e ritmo da quella (direbbe il lucchese Nieri) nudabruca che fa da chepì all’ufficiale austrungarico, tutte le donnine schizzano dai quadri a far carosello mentre nella memoria mi affiorano due versetti, sei nomi che quasi conferiscono a ciascuna una identità:

Lolo Dodo Joujou

Margot Cloclo Froufrou”.

Da dove vengono questi due versetti, questi sei nomi? La memoria cerca, trasceglie; e finalmente estrae, così come il pappagallino fa col pianeta della fortuna, un foglietto, una pagina.

L. Sciascia, Presentazione a Maccari alla «Tavolozza» (1970)

Come già in altre occasioni, il saggio di Sciascia dedicato a Maccari per la mostra allestita alla galleria La Tavolozza a Palermo prende avvio da un cortocircuito fra parole e immagini, innescato dalla lettura di un quadro, che – come ha notato Ferdinando Scianna a proposito del Ritratto fotografico come entelechia – si risolve in un affascinante reportage sui meccanismi della memoria involontaria dello scrittore. Le continue interferenze, i link che mettono costantemente in relazione gli scaffali della biblioteca e i quadri presenti nella galleria mentale di Sciascia, disegnano la struttura profonda che anima la sua saggistica. Forse perché la frequentazione di archivi, biblioteche, gallerie e atelier era una consuetudine estremamente piacevole nella giornata dello scrittore, i momenti più felici delle pagine dedicate alle arti figurative corrispondono all’appassionata ricerca delle concordanze segrete fra un quadro e la pagina di un romanzo, fra la visione del mondo di un pittore e quella di uno scrittore.

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