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Il Purgatorio del Teatro delle Albe (co-produzione Ravenna Festival/Teatro Alighieri e Fondazione Matera-Basilicata 2019) è il secondo ‘pannello’ che compone il ‘polittico’ del Cantiere Dante. Il mastodontico progetto, nato nel 2017 con l’Inferno e che si concluderà nel 2021 con l’intero trittico dantesco, è realizzato grazie alla ‘Chiamata Pubblica’ che ha permesso di coinvolgere, accanto ai componenti della compagnia, più di mille cittadini sia tra gli organizzatori che sulla scena. Questo Purgatorio, in particolare, realizzato come una ‘liturgia della poesia’, sembra configurarsi come la cantica del teatro e dell’arte stessa, nel suo essere ‘cantica del ricominciare’, della creazione dopo lo sprofondamento e il buio. Una risalita che, tra Matera e Ravenna, assume prospettive differenti: fisiche e reali nella prima tappa, dello sguardo e della percezione nella seconda. In entrambi i casi, comunque, una risalita per reinventare l’arte, la vita e la loro inscindibilità.

Teatro delle Albe’s Purgatorio (a co-production of Ravenna Festival/Teatro Alighieri and Fondazione Matera-Basilicata 2019) is the second ‘panel’ of the ‘polyptych’ of the Cantiere Dante. The enormous project, born in 2017 with Inferno and that will be concluded in 2021 with the entire Dante’s triptych, is realized thanks to the ‘Chiamata Pubblica’ which involved, in addition to the members of the company, more than a thousand citizens, both in the organization and on stage. In particular, this Purgatorio, realized as a ‘liturgy of poetry’, seems to represent the cantica of theatre and art itself, in its being the ‘cantica of starting over’, of the creation after sinking and dark. An ascent which assumes, between Matera and Ravenna, different perspectives: physical and real in the first case, ascent of gaze and perception in the second one. In both cases, however, an ascent to reinvent art, life and their inseparability.

1. La fossa, la creazione alchemica e la liturgia della poesia

Si potrebbe partire dalla Ermanna bambina di Miniature campianesi che deve misurarsi con la propria fatica nella creazione collettiva dei cori della scuola e che preferisce, ogni giorno, scavare «un buco nel giardino per ascoltare le voci dal fondo della terra».[1] Si può partire da lì per osservare come quel buco, in tanti anni, sembra non essersi mai chiuso. Come, anzi, tutti questi decenni di lavoro artistico siano stati quasi lo sfiancante sforzo di tenerla spalancata, quella fossa. Tanto che la Ermanna Montanari del 2019 afferma: «Cerco sempre il buco, chiamiamolo così, la fossa invisibile. Poi arrivano gli umani, i corpi e il loro mistero».[2] Fossa come soglia, insomma, come l’unica via d’accesso a un luogo, il più recondito possibile, nel quale poter scagliare il reale per oscurarlo, per acceccarlo. Non per farlo fuori definitivamente, ma per vedere cosa da esso quel buio sappia generare e tornare poi ad affrontare il mondo attraverso quella generazione per oscuramento, attraverso l’arte, il teatro.

Un percorso dantesco, insomma. Scagliare il mondo, la realtà, al centro della terra, come fu per Lucifero, perché quello schianto possa far sorgere, per smottamenti e frane, il monte, l’ascesa di un salvifico percorso da battere, con tutta l’enorme fatica che questo comporta, per giungere alla creazione. «L’arte, alla sua maniera», chiosa Marco Martinelli nel suo ultimo libro, dedicato proprio a Dante, «nasce dalla terra e indica il cielo»[3] e, per questo motivo, è proprio in Purgatorio che vengono collocati, nella quasi totalità, gli artisti presenti nella Commedia.

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