This article explores the relationship between painting and writing in the works of Virginia Woolf. In particular, it further investigates the experimental ekphrasis in Woolf’s essays on art (Pictures and Portrait, Pictures, The Fleeting Portrait) and the abstract style of some short stories inspired by post-impressionist painting (The Mark on the Wall, Blue and Green, The Lady in the Looking Glass: a Reflection). Thus, the paper aims to show how art criticism and short stories are to be considered as experiments on the verbal translatability of images that inspire the structure of the novels (Mrs Dalloway, 1925; To The Lighthouse, 1927; The Waves, 1931), where abstract style description alternates with plot development. Such a style conforms to a cognitive model of knowledge consisting of the sequence of ‘perception’, ‘recognition’ and ‘plotting’.

Percezione e riconoscimento di figure nei saggi sull’arte

L’influenza del Post-impressionismo, sia francese che inglese, nell’opera di Virginia Woolf ha una radice storica che risale alle due mostre post-impressioniste tenutesi a Londra nei primi anni del Novecento.[1] La prima viene inaugurata l’otto novembre 1910 alle Grafton Galleries, con il titolo Manet and the Post-Impressionists, appellativo che definisce i pittori esposti, scelto da Roger Fry, curatore e allestitore della mostra. Si espongono otto oli e un pastello di Manet, ventuno opere di Cézanne, venti di Van Gogh e non meno di trentasette dipinti di Gauguin. In più, ci sono nove Vlaminck, due Maurice Denis, tre Derain, tre Friesz, sei Rouault e due Picasso, e ancora altri lavori di artisti meno noti come Pierre Girieud e Jules Flandrin. Una seconda mostra dei post-impressionisti, poi, viene inaugurata sempre alle Grafton Galleries il 5 ottobre del 1912.

Nella mostra sono esposti cinque oli e sei acquerelli di Cézanne, diciannove oli di Matisse, tredici oli e tre disegni di Picasso e dodici lavori di Lhôte. Inoltre compaiono quattro Fauves e lavori cubisti di Braque. Accanto a essi sono esposte le opere di un gruppo di pittori inglesi, sensibili alla nuova arte, tra cui Duncan Grant, Vanessa Bell, Frederick Etchells, Spencer Frederick Gore, Eric Gill e Wyndham Lewis. Viene creato uno spazio anche per alcuni lavori, giunti più tardi, di artisti russi.

L’impatto della nuova pittura nella scrittura di Woolf è testimoniato dai numerosissimi luoghi degli scritti autobiografici e dei saggi in cui la scrittrice discute il problema della ‘forma’ in letteratura e indica lo stile post-impressionista come un esempio da seguire per innovare la narrativa. Si tratta di un’influenza mediata tanto dai teorici e critici d’arte inglesi – in particolare Clive Bell e Roger Fry – che dalla conoscenza diretta degli artisti e dei loro lavori.[2] Il Post-impressionismo si presenta alla scrittrice come la realizzazione, in pittura, di quella forma nuova sulla quale da tempo rifletteva in un confronto serrato con le arti visive, come testimonia un appunto del 1908 ispirato dagli affreschi nel Collegio del Cambio, in cui leggiamo:

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