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Il 2 aprile 2025 Sonia Bergamasco ha tenuto una masterclass per il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa, nell’ambito dei corsi di Storia del teatro e dello spettacolo e di Storia del cinema italiano. Al centro dell’incontro il film Duse – The Greatest, diretto da Bergamasco nel 2024, a cento anni dalla scomparsa della diva, inserito nel cartellone del cineclub Arsenale. 

On 2 April 2025, Sonia Bergamasco held a masterclass for the Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere at the Università di Pisa, as part of the courses in Storia del Teatro e dello spettacolo and Storia del cinema italiano. The focus of the meeting was the film Duse – The Greatest, directed by Bergamasco in 2024, one hundred years after the death of the diva, included in the programme of the Arsenale film club.

 

 

 

Il 2 aprile 2025 Sonia Bergamasco ha tenuto una masterclass per il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa, nell’ambito dei corsi di Storia del teatro e dello spettacolo e di Storia del cinema italiano. Al centro dell’incontro il film Duse – The Greatest, diretto da Bergamasco nel 2024, a cento anni dalla scomparsa della diva, inserito nel cartellone del cineclub Arsenale.

Sonia Bergamasco, attrice e regista, ha una formazione artistica poliedrica: diplomata in pianoforte al Conservatorio di Milano e in recitazione alla Scuola del Piccolo Teatro, ha esordito in Arlecchino servitore di due padroni diretto da Giorgio Strehler nel 1990, per poi collaborare con Carmelo Bene, Theodoros Terzopoulos, Massimo Castri, Antonio Latella, Thomas Ostermeier e Jan Fabre. Ha diretto spettacoli in cui musica e recitazione si fondono, tra i quali Il Ballo (dal romanzo breve di Irène Némirovsky) e L’uomo seme (riscrittura da Violette Ailhaud), realizzati in collaborazione con il Teatro Franco Parenti. Nel 2017, al Piccolo di Milano, ha diretto Louise e Renée, ispirato a Balzac e con drammaturgia di Stefano Massini. Nel 2022 ha interpretato Martha in Chi ha paura di Virginia Woolf? di Antonio Latella, ruolo che le è valso numerosi premi (Ubu, Le Maschere del Teatro Italiano e Hystrio).

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Presentazione dello speciale dedicato al centenario della scomparsa di Eleonora Duse esito della Giornata di studi DUSE100. Teatro, Cinema, Danza (a cura di Cristina Jandelli, Eva Marinai, Teresa Megale, Francesca Simoncini, Chiara Tognolotti) svoltasi il 4 dicembre 2024 all’Università di Pisa. Entrambi gli studi, qui proposti, presentano un’indagine su aspetti meno indagati dalla critica in merito al gesto recitativo di Duse o al gesto ‘immaginato’ per Duse. Sempre nel contesto di tali celebrazioni quale occasione di approfondimento e ripensamento del magistero dusiano, il 2 aprile 2025, all’Università di Pisa, le docenti Chiara Tognolotti ed Eva Marinai hanno incontrato l’attrice e regista Sonia Bergamasco alla presenza delle/gli studenti triennali e magistrali dei corsi di storia del cinema e storia del teatro per parlare del film Duse The Greatest.

Presentation of the special issue dedicated to the centenary of Eleonora Duse's death, the result of the study day DUSE100. Teatro, Cinema, Danza (curated by Cristina Jandelli, Eva Marinai, Teresa Megale, Francesca Simoncini, Chiara Tognolotti) held on 4 December 2024 at the University of Pisa. Both studies presented here investigate aspects of Duse's acting style or the 'imagined' style attributed to her that have been less explored by critics. Again in the context of these celebrations as an opportunity to explore and rethink Duse's heritage, on 2 April 2025, at the University of Pisa, Chiara Tognolotti and Eva Marinai met with actress and director Sonia Bergamasco in the presence of undergraduate and postgraduate students of film history and theatre history to discuss the film Duse The Greatest.

I contributi che qui presentiamo rientrano nell’ambito delle celebrazioni per il centenario della scomparsa di Eleonora Duse. Numerosi sono stati gli eventi nazionali e internazionali dedicati alla grande attrice nell’anno appena trascorso. Tra questi anche la Giornata di studi DUSE100. Teatro, Cinema, Danza (a cura di Cristina Jandelli, Eva Marinai, Teresa Megale, Francesca Simoncini, Chiara Tognolotti) svoltasi il 4 dicembre 2024 all’Università di Pisa, cui hanno partecipato docenti, ricercatrici e studiose impegnate nelle attività didattiche del Dottorato di Ricerca interuniversitario Pegaso in Storia delle Arti e dello Spettacolo delle Università di Firenze-Pisa-Siena.1

I saggi di Eva Marinai (La danza mancata di Eros e Thanatos. Hofmannsthal, Duse e Craig per Elektra) e Aline Nari (Corporeità danzanti e coreografie d’attrice: Eleonora Duse e la danza) rielaborano, ampliandole, le comunicazioni presentate nella Giornata di studi suddetta. Aline Nari, in particolare, sta per pubblicare un saggio dal titolo Un “cantone” tutto per sé: libri e femminismo spirituale di Eleonora Duse, che riflette in modo più approfondito sulla partecipazione della divina al fermento della danza di inizio Novecento e alle istanze emancipazioniste che esso traduce, già argomento dell’articolo di cui sopra. Entrambi gli studi, qui proposti, presentano un’indagine su aspetti meno indagati dalla critica in merito al gesto recitativo di Duse o al gesto ‘immaginato’ per Duse (in riferimento alla mancata realizzazione dell’Elektra pensata per lei).

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Eleonora Duse acquista i diritti per l’allestimento di Elektra di Hugo von Hofmannsthal nel novembre del 1904, ma lo spettacolo non si realizzerà mai. Il ritrovamento della prosa francese dell’Elektra, che Hofmannsthal ha scritto appositamente per l’attrice (a partire dalla prima versione in tedesco messa in scena da Reinhardt nel 1903), è opera di Taglioni nel 1977. Del fallimento di questa produzione, imputabile alla difficoltosa collaborazione tra Craig e la divina, si sono già occupati Cotticelli, Caretti, Mango, Simoncini. Non interessa perciò qui ricostruire «la cronaca di una morte annunciata», bensì capire quali informazioni sulle potenzialità attoriche di Duse possiamo ricavare da questa riscrittura, individuandone le varianti dal testo originario. L’autore tedesco aveva previsto alcune norme sceniche (Szenische Vorschriften), che sono state pubblicate per la prima volta nel 1903 dalla rivista «Das Theater». Vi sono poi le immagini di Craig per l’allestimento, compresi due bozzetti sui costumi e sulla danza finale, snodo chiave dell’intera opera. Facendo dialogare queste fonti con la corrispondenza tra il regista/scenografo e il conte Kessler, direttore dell’intero progetto, pare di poter intuire quale partitura mimico-gestuale, coreografica, luministica fosse stata pensata per Duse, la quale avrebbe dovuto, interpretando questa Elektra amletica e bacchica, compiere il primo passo di quel rinnovamento teatrale tanto auspicato da Kessler quando decise di mettere insieme i tre grandi artisti.  

Eleonora Duse bought the rights for a production of Elektra by Hugo von Hofmannsthal in November 1904, but the play never came to fruition. The rediscovery of the French prose of Elektra, which Hofmannsthal wrote especially for the actress (from the first German version staged by Reinhardt in 1903), was the work of Taglioni in 1977. Cotticelli, Caretti, Mango and Simoncini have already dealt with the failure of this production, attributable to the difficult collaboration between Craig and the divine. It is therefore of no interest here to reconstruct ‘the chronicle of a death foretold’, but rather to understand what information on Duse's acting potential we can derive from this rewriting, identifying the variants from the original text. The German author had provided some stage rules (Szenische Vorschriften), which were first published in 1903 by the magazine ‘Das Theater’. Then there are Craig's pictures for the staging, including two sketches of the costumes and the final dance, a key junction of the entire work. If we compare these sources with the correspondence between the director/scenographer and Count Kessler, director of the entire project, we can guess what mimic-gestural, choreographic and luministic score was intended for Duse, who, by interpreting this Hamletic and Bacchic Elektra, was to take the first step in the theatrical renewal so much desired by Kessler when he decided to bring the three great artists together.  

Eleonora Duse ottiene i diritti per la messinscena di Elektra di Hugo von Hofmannsthal nel novembre del 1904, a seguito del ritiro di Mario Fumagalli, capocomico dell’omonima compagnia. Il ritrovamento della prosa francese di Elektra, che Hofmannsthal ha realizzato appositamente per l’attrice (a partire dalla prima versione in tedesco messa in scena da Max Reinhardt nel 1903)[1], è opera dello studioso e regista Antonio Taglioni, il quale scopre il testo nel 1977 tra le carte dell’Archivio Biblioteca Burcardo di Roma.

L’autografo recita così:

Finalmente Taglioni, settant’anni dopo, porterà a compimento il lavoro che spettava a Giovanni Pozza, critico del «Corriere della Sera», il quale, su consiglio di Marco Praga, avrebbe dovuto tradurre l’opera per la Divina.

Nel 1905 la traduzione di Pozza non è ancora pronta. Il termine massimo che Eleonora Duse aveva concordato con il critico è il maggio del 1906 e sussistono dubbi sulla quantità di tempo concessa per una traduzione che poteva essere consegnata più velocemente. Altrettanto incomprensibile è la questione che impedisce a Hofmannsthal di comunicare direttamente con Pozza senza ricorrere a intermediari, come invece avvenne.

Non occorre soffermarsi troppo sulla «storia di [questo] fallimento, tra il 1904 e il 1905»,[3] imputabile alla difficoltosa collaborazione tra Edward Gordon Craig e l’attrice, che è già stata oggetto di studio, con declinazioni diverse, per Francesco Cotticelli, Laura Caretti, Lorenzo Mango, Francesca Simoncini. Mango, nel capitolo dedicato a Elektra nel volume L’officina teorica di Edward Gordon Craig (2015)[4], spiega diffusamente il progetto di rinnovamento del teatro tedesco voluto dal conte Harry Kessler, che sta alla base di tutta questa vicenda, illustrando grazie ad un’attenta lettura della corrispondenza tra Craig e Kessler[5] come tutta la trattativa fosse nelle mani del conte («sotto la mia personale responsabilità», scrive il conte[6]), intenzionato a dar vita a un esperimento «modernista e simbolico»[7].

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Oggetto di ammirazione da parte degli spettatori coevi, obiettivo di studio e imitazione per le giovani attrici del suo tempo, tensione inesausta per i fotografi che hanno cercato di immortalare, il gesto della Duse, al pari della sua voce, ha certamente attirato l’attenzione della critica che a questo riguardo ha sottolineato la consapevolezza dell’attrice riguardo all’aspetto comunicativo della postura e dell’azione corporea.  Per quanto riguarda i rapporti tra Duse e la nuova danza, che si afferma in Europa tra XIX e XX secolo, essi sono rintracciabili nei personaggi che d’Annunzio immagina per lei, nell’amicizia con Isadora Duncan, ma anche in occasioni mancate che riguardano il suo lavoro di attrice: il ballo di Nora in Casa di bambola o la danza immaginata per lei da Hofmannsthal nell’Elektra.  Oltre a questi aspetti, l’analisi di alcune sequenze del film Cenere, suggerisce l’ipotesi di poter valutare quale influenza abbia avuto la nuova danza nella capacità di Duse di affidare al corpo la propria grafia emotiva. Dovendo consegnare la propria arte a una pellicola priva di sonoro, Duse affronterà infatti una preparazione fisica inedita il cui risultato è non solo straordinariamente espressivo dal punto di vista attoriale, ma in alcune sequenze il controllo della dinamica, la cura della postura e dell’intensità dell’azione ci inducono a leggere il suo movimento come danza, una danza presaga che contiene le anticipazioni del futuro.

Object of admiration for contemporary spectators, target of study and imitation for younger actresses of her time, inexhaustible tension for photographers who tried to immortalize it, Duse's gesture has certainly attracted the attention of critics who have underlined the actress's awareness of the communicative aspect of posture and bodily action. As regards the relationship between Duse and the new dance, which was established in Europe between the 19th and 20th centuries, they can be traced inside d'Annunzio’s dramaturgy, in her friendship with Isadora Duncan, but also in missed opportunities regarding her work as an actress: Nora's dance in Doll's House or the dance imagined for her by Hofmannsthal in Elektra. In addition to these aspects, the analysis of some sequences of the film Cenere (Ashes), suggests the hypothesis of evaluating the influence of new dance on Duse's physical writing. In delivering her art to a silent film, Duse will in fact face an unprecedented physical preparation whose result is not only extraordinarily expressive from the acting point of view, but in some sequences the control of dynamics, the care of posture and the intensity of the action lead us to read that movement as a dance, a presaging dance that contains the anticipations of the future.

I testimoni e la letteratura critica hanno provato a indagare il mistero della seduzione che Eleonora Duse esercitava sul pubblico anche grazie al movimento espressivo di tutta la sua persona: un movimento che, come quello di una danzatrice, irradiava da un centro – coincidente con il motore psichico del personaggio – per propagarsi con intensità fino alla periferia delle mani, coinvolgendo la perdita di equilibrio, l’inciampo, il cambiamento repentino di direzione.[1] Nelle varie fasi della propria evoluzione artistica, Duse esprime sulla scena un movimento corporeo molto diversificato, in cui la sensualità del felino si alternava all’agitazione nervile dell’isterica, il gesto automatico si declinava nella posa ieratica della vestale. La consapevolezza di Duse riguardo il linguaggio corporeo ci suggerisce quindi di riconoscere come danza alcuni suoi ‘stati’ di presenza o sequenze gestuali e di immaginarla danzare quando i personaggi interpretati lo richiedevano. Tuttavia, sebbene l’integrazione tra materiali fotografici, recensioni e testimonianze, riveli come il corpo scenico di Duse sia attraversato dai fermenti della danza del suo tempo,[2] le danze di Eleonora Duse sono danze mancanti, mancate o addirittura presunte e presaghe, sottotraccia al lavoro d’attrice e anticipazioni del futuro, come avrò modo di chiarire. Dunque, per quanto indiziario, il discorso su Eleonora Duse e la danza ci sembra contribuire da un lato alla trasversalità degli studi che la riguardano, dall’altro sottolineare l’attualità del suo ruolo di intellettuale, attenta anche all’evoluzione delle corporeità danzanti del suo tempo.

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