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Su cosa sia successo al cinema italiano per diventare così marginale per la vita delle persone (e di conseguenza in un più ampio panorama internazionale) si possono avanzare diverse ipotesi. Una potrebbe essere quella riportata dalle parole di una vecchia conversazione tra Ciprì e Maresco e Tatti Sanguineti, nella trasmissione Il club del 1997: il cinema italiano ha dimenticato i volti delle persone e li ha sostituiti con un mondo posticcio, spesso creato dalle scuole di recitazione, luogo ideale in cui registi provenienti dai corsi di regia possono soddisfare le esigenze di produttori ligi ai criteri stabiliti dalle film commission sparse per il territorio o da altri finanziatori pubblici. Cartina di tornasole di questo panorama non sono tanto i cosiddetti film d’autore ma soprattutto la produzione media, il cinema ‘commerciale’, dal momento che con sempre maggiore difficoltà il cinema italiano riesce a portare avanti un discorso autoriale che non parli soltanto al suo mondo e a quello della critica e dei festival ma riesca a sporgersi un po’ più in là, verso il mondo reale. I film di molti dei più coraggiosi registi italiani non riescono, loro malgrado, a toccare una cerchia più ampia di quella costituita da competentissimi spettatori o lungimiranti estimatori, e se anche hanno l’impressione di contribuire a ridisegnare il panorama del cinema contemporaneo è ancora troppo poco. Il risultato è quello di una partizione netta tra un cinema magari audace e apprezzato nei circuiti d’essai, ma poco o per nulla visto, e un cinema popolare artefatto, che parla alle masse mettendo in primo piano l’intrattenimento o i suoi alter ego più ricattatori (le tematiche sociali, le ‘finzioni di sinistra’). Più difficile è trovare nel panorama italiano contemporaneo un cinema d’autore e da grande pubblico come lo erano innumerevoli esempi del grande e meno grande cinema italiano fino a non molto tempo fa – e come lo sono ancora oggi molti film, ad esempio in Francia o negli Stati Uniti. Più difficile è trovare in Italia un cinema non compiaciuto che provi a ragionare sul mondo contemporaneo assumendosi il rischio di prendere le distanze da una certa standardizzazione delle immagini e della narrazione senza rinchiudersi immediatamente in nicchie protette. Si salvano solo poche eccezioni, e ognuno farà i nomi che più ritiene opportuni: Moretti, Maresco, Garrone, Bellocchio, Bertolucci…

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