L’uso strategico dei social media come strumento imprescindibile per creare e mantenere una propria celebrity persona è un fenomeno relativamente recente nell’ecosistema delle celebrity italiane. In parte per una minore o più tardiva pervasività dei social e della loro adozione, in parte per una riluttanza di adattamento a un sistema transnazionale e internazionale che soltanto in tempi recenti è diventato alla portata delle più o meno giovani star italiane, in un fiorire di nuove strategie comunicative profondamente genderizzate. In particolare, a mio avviso è interessante concentrarci sulle attrici che hanno avuto una svolta importante per le loro carriere proprio all’interno di produzioni rese popolarissime sia in Italia che all’estero grazie alla loro distribuzione su Netflix, produzioni dedicate specificamente a un target di giovani e giovanissimi, avvezzi all’uso di un mezzo come Instagram.

Ho selezionato quindi tre profili di giovani attrici con simili caratteristiche: Benedetta Porcaroli, classe 1996, la cui carriera avviata da giovanissima prendendo parte alla serie Tutto può succedere (Rai, 2015-2018) è decollata dopo aver interpretato per tre stagioni Chiara, una delle protagoniste della serie teen Baby (Netflix, 2018-2020) [fig. 1]. Ludovica Martino, classe 1997, che negli ultimi tempi ha iniziato a interpretare anche ruoli di giovane adulta come ne Il Campione (Leonardo d’Agostini, 2019) e Lovely Boy (Francesco Lettieri, 2021), ma che deve la sua fama al ruolo di Eva, una delle protagoniste di SKAM Italia (2018-, la serie è notoriamente un format nato in Norvegia, e riadattato in nove versioni in altrettanti Paesi [fig. 2]. E infine Coco Rebecca Edogamhe, classe 2001, la più giovane delle tre, che al momento conta in carriera soltanto il ruolo che l’ha fatta conoscere, quello di Summer, la protagonista di Summertime (Netflix, 2020-) [fig. 3].

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  • [Smarginature] Divagrafie, ovvero delle attrici che scrivono →

 

 

La scrittura, per le dive che scelgono di sperimentare il genere autobiografico attraverso i social network, si produce essenzialmente nella forma di un racconto visivo, che di scatto in scatto restituisce l’illusorietà della vita nel suo farsi. Così, la messa in immagine del sé ordita dall’attrice, per esempio tramite le fotografie del proprio profilo Instagram, può rappresentare una forma autobiografica alternativa da ‘leggere’ attraverso la lente della specificità del medium.

Dunque, al fine di comprendere come una siffatta scrittura mediale si situi nell’iconosfera (Pinotti, Somaini 2016), riteniamo sia utile proporre un ancoraggio alla nozione di fototesto indagata da Cometa, ossia un oggetto che si colloca in un territorio intermedio tra testo e immagine e che, nella relazione fra verbale e visuale, ribalta incessantemente la forma dell’ekphrasis nella forma-illustrazione.

L’ampia genealogia in cui si inseriscono i fototesti va dai Totentänze medievali alla diffusa e semplice didascalia, fino alle combinazioni di testo e immagine su un unico supporto mediale (Cometa 2011, p. 65). Quest’ultimo caso ci sembra si attagli perfettamente alla piattaforma Instagram, che consente all’autore di corredare le immagini ‘postate’ con descrizioni e hashtag, e al fruitore di commentarle. Ne deriva che il contatto interlocutorio col destinatario, stilema tipico della scrittura autobiografica (Battistini 2007), può inverare un’effettiva forma dialogica tra autore e lettore, potenziata grazie alla facoltà di rilanciare il feedback.

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