Categorie



Questa pagina fa parte di:

  • Il corpo plurale di Pinocchio. Metamorfosi di un burattino →

L’adattamento cinematografico di Le avventure di Pinocchio da parte di Walt Disney, uscito nel febbraio del 1940, è una tappa essenziale che ha portato il nostro burattino nazionale a raggiungere lo status di icona mondiale. Pinocchio è il secondo lungometraggio di Disney dopo Biancaneve e i sette nani e si pone come opera pionieristica per tecnologia, animazione e suono. Con questa pellicola Disney fissa parametri ancora oggi fondamentali nel cinema di animazione. Pinocchio fu anche la prima pellicola di animazione a vincere il premio Oscar e resta ancora oggi un capolavoro del cinema mondiale. Diretto da Hamilton Luske e Ben Sharpsteen, Pinocchio si colloca all’interno del progetto disneyano di trasposizione cinematografica dei capolavori della tradizione favolistica europea, inaugurata nel 1937 appunto con Biancaneve e i sette nani. Dopo la Germania dei fratelli Grimm, Disney si ispira all’Italia delle Avventure di Pinocchio, e tuttavia la storia di Collodi ne esce trasformata e germanizzata. Forse il conservatore e protestante Disney offre un velato omaggio al nazismo, o compie una mossa di mercato volta a contrastare la proibizione messa in atto da Hitler contro un cinema hollywoodiano, radicato nel potere finanziato dagli ebrei? In altri termini, forse Disney tingeva il burattino nostrano di colori germanici, per rendere esportabile in Europa un prodotto cinematografico associato al potere economico degli ebrei di Hollywood e pertanto sgradito al nazismo.

* Continua a Leggere, vai alla versione integrale →

Categorie



Questa pagina fa parte di:

  • Il corpo plurale di Pinocchio. Metamorfosi di un burattino →

Tradotto in più di ventotto lingue, tra cui persiano, giapponese, coreano e addirittura due lingue norvegesi, il Pinocchio di Roberto Innocenti, uscito nel 1988, ha segnato un’inversione di tendenza rispetto all’operazione compiuta sin dagli anni Quaranta da Walt Disney, che aveva scalzato Carlo Collodi dal suo ruolo di autore e imposto nel mondo la sua icona del burattino. Le tavole dipinte ad acquarello, con una perizia straordinaria, da Innocenti ripercorrono la storia autentica del burattino ambientandola nella sua terra madre, una Toscana ottocentesca raggelata e segnata dalla miseria e dalla fame. Si riscoprono così la profondità e l’inquietudine del testo originale, insieme alla sofferenza e alla violenza che erano state bandite dalla versione americana. Nel 2005 Innocenti si è di nuovo cimentato col testo collodiano: le tavole più recenti presentano una chiave interpretativa che si discosta da quelle precedenti, rivelando dimensioni meno drammatiche e impiegando colori più limpidi per descrivere, nelle più diverse forme e con straordinaria competenza architettonica, la dimensione urbana e contadina della Toscana.

Anche la tedesca Sabine Friedrichson, pubblicò il suo Pinocchio nel 1988. In origine le sue illustrazioni dovevano accompagnare l’edizione rielaborata Der neue Pinocchio di Christine Nöstlinger. Dopo essersi resa conto dei cambiamenti che l’autrice viennese aveva apportato al testo collodiano, la Friedrichson decise di ritirare il proprio lavoro, che poteva funzionare solo in un’edizione fedele al testo di Collodi. L’illustratrice si concentra infatti su un singolo dettaglio ingrandito al punto da far sparire tutto il resto, oppure forza la prospettiva in modo da cogliere solo uno scorcio in una diagonale estremamente audace. La scena dell’impiccagione, ad esempio, si focalizza sui piedi agilissimi che non toccano più terra, mentre sullo sfondo si vede solo la casetta bianca divenuta una villa tradizionale toscana.

* Continua a Leggere, vai alla versione integrale →

1 2