E poi, tu credi,
che si possa fare un sogno, non ricordarlo,
e avere da questo sogno, mutata la vita?
P. P. Pasolini, Poeta delle Ceneri
Il sipario si alza su una skenè semi-vuota e ingabbiata da pareti di mattoncini scuri, alte barriere di cemento che delimitano il perimetro claustrofobico di uno spazio/prigione al cui centro si staglia, unico corredo scenografico, il letto dove giace prossima al risveglio la protagonista Rosaura.
Ma già qualche minuto prima dell’apertura del sipario, le «poche parole d’introduzione» di uno Speaker (meta)teatrale immettono gli spettatori nell’atmosfera ambiguamente pasoliniana, a cavallo tra verità e finzione, di questo Calderón per la regia di Federico Tiezzi, e con l’apporto drammaturgico di Sandro Lombardi e Fabrizio Sinisi, al debutto al Teatro Argentina di Roma (20 aprile – 08 maggio 2016). Il dramma di Pasolini qui messo in scena, scritto nel 1966 e dato alle stampe nel 1973, unico testo teatrale pubblicato in vita dall’autore, è considerato il punto stilisticamente più compiuto di quel suo «teatro di Parola» espresso dal compatto corpus poetico delle sei tragedie borghesi. Dal canto suo Tiezzi, non nuovo all’incontro con il macrotesto teatrale pasoliniano (aveva già realizzato nel 1994 Porcile, sempre con Lombardi), ha più volte sottolineato la centralità dello scrittore friulano nella sua formazione poetica e artistica, ma anche politica e morale, precisando poi che «tra tutti i testi di Pasolini, Calderón è quello che è più parte di me».