Figura eccentrica nel panorama dell'arte italiana, pur non aderendo a nessuna delle correnti artistiche degli anni Sessanta e Settanta, Marinella Pirelli ha avuto contatti personali e frequentazioni costanti con molti esponenti dell'avanguardia di quegli anni. L'artista si è dedicata a lungo alla sperimentazione in un percorso intimo e solitario da cui emergono due aspetti fondamentali della sua pratica, su cui lei stessa ha riflettuto lasciandone testimonianza nei suoi scritti e diari – oggi conservati nell'Archivio a lei dedicato. Il primo, l'impossibilità da lei avvertita, di «stare dentro un linguaggio – costruirsi un limite»,koinè comuni. Il secondo aspetto ha a che fare con il suo costante desiderio di sperimentare, una forza quasi che la costringe «a provare e non ripetere mai». Un'avventura che si rinnova inscritta in un concreto fare artistico, in una progettualità che si esprime in maniera diversa a seconda dei linguaggi con cui di volta in volta si confronta. Non a caso nel suo variegato repertorio si trovano opere che spaziano dai quadri ai film sperimentali, dai disegni alle fotografie fino a giungere a installazioni ambientali.
Agli inizi degli anni Sessanta, la famiglia Pirelli si trasferisce a Varese. È questo un momento di fervida attività per Marinella che affianca a una intensa attività pittorica – «io dipingo moltissimo», appunta nel diario –, una felice sperimentazione con la cinepresa, a cui si accosta proprio in questo periodo, in continuità con i suoi interessi sulla rappresentazione della luce: «uno strumento rapido per prendere appunti... i mutamenti della luce, le atmosfere luminose» (Gualdoni 1997, p. 53).