«Je n’aime pas travailler. J’aime les aventures. C’était une période de retour à la beauté, de retour à la nudité aussi. […]. C’est une période où j’acceptais de faire des films seulement si je ne parlais pas dedans. J’ai aussi refusé le Satyricon de Fellini, parce qu’il me demandait de rester enfermé dans le studio pendant six mois, pour être à sa disposition» (Clémenti in Bonnaud 2000). Con queste parole Pierre Clémenti, «incarnation idéale de toutes les aventures de la modernité cinématographique» (Bonnaud 2000), ha rievocato – un anno prima di morire – quella che è stata indubbiamente la stagione più feconda della sua breve ma intensa carriera artistica, ovvero il triennio 1967-1970. Nel giro di pochi anni, infatti, l’ex-allievo di Marc’O – il cui magistero risulterà fondamentale nella formazione del suo stile – diventa la musa maschile del cinema engagé, offrendo alla cinepresa di Buñuel (Belle de jour, Bella di giorno, 1967), Bertolucci (Partner, 1968), Pasolini (Porcile, 1969), Garrel (Le lit de la vierge, 1970) e Cavani (I cannibali, 1970) il magnetismo inquieto di una presenza schermica che, come ha confermato la stessa Liliana Cavani, non aveva bisogno della parola per comunicare.
Quello di Clémenti è un corpo ambiguo, al contempo rabbioso e aggraziato, violento e fragile, maschile e femminile: da un lato lo sguardo tenebroso e i capelli corvini, tinti di biondo da Visconti per ingentilire il figlio del principe di Salina (Il gattopardo, 1963), dall’altro quel collo slanciato e quelle mani bianche che seducono, tra gli altri, proprio Pier Paolo Pasolini. Per il quale – come si legge nell’intervista concessa dal regista a Jean Duflot – la criminalità del personaggio di Porcile non è quella del selvaggio, ma quella dell’intellettuale, di un ribelle che – come il suo interprete – infrange leggi, tabù e convenzioni per salvaguardare la propria libertà. Tra le prime convenzioni trasgredite da Clémenti c’è proprio quella del teatro di parola, la cui tradizione secondo Marc’O – regista e drammaturgo vicino agli ambienti del surrealismo e del lettrismo – stava trasformando gli attori in semplici esecutori di un testo. Nella compagnia dell’American Center, frequentata – tra gli altri – anche da Bulle Ogier, Clémenti segue corsi di danza e impara a padroneggiare tutte le risorse della mimica, che Marc’O integra con suoni e musica dando origine a un «théâtre musical» dalla forte connotazione politica.