1. Immagini di una nuova bellezza: le dive nel/del neorealismo
Queste note su Anna Magnani fanno da corollario a un progetto di ricerca dedicato al divismo neorealista e all’identità femminile, che mi ha visto impegnata a indagare il ruolo svolto dalla pubblicistica popolare cinematografica italiana nell’immediato secondo dopoguerra. All’interno di questo scenario ho cercato di analizzare come i rotocalchi abbiano contribuito alla promozione di volti ma soprattutto di corpi femminili ‘nuovi’; in che modo abbiano operato una cesura rispetto al passato, e che relazione abbiano stabilito con la stagione neorealista nonché con le immagini successive del femminile, quelle prodotte a ridosso degli anni del boom (Pierini 2017).
Attraverso lo spoglio di alcune delle principali testate – Star (1944-1946), Film d’oggi (1945-1947), Hollywood (1945-1949), Film rivista (1946-1948), Fotogrammi (1946-1949), Cinelandia (1946), Cinestar (1946-1947) e Bis (1948-49) – ho potuto individuare alcune linee di tensione che riguardano l’esistenza di forme plurime di divismo in epoca neorealista, ciascuna segnata da caratteristiche proprie. Si tratta di uno stardom che in parte assimila (superficialmente) alcune istanze del neorealismo e in parte invece le nega o le contraddice, in dialettica con il cinema hollywoodiano – e che per di più si muove in uno spazio autonomo ed eccentrico rispetto alla produzione cinematografica vera e propria.
All’interno di un panorama sfaccettato – che qui riassumo attraverso due collage di immagini [figg. 1-2] – sono emersi, sul versante propriamente iconografico, due paradigmi per certi aspetti complementari, che rivelano la centralità della donna come dispositivo e motore di imagery. Le copertine dei rotocalchi offrono una variegata galleria di volti, tra cui si riconoscono grandi dive del passato tornate a nuovi onori, attrici di secondo piano sospinte alla ribalta e dive esordienti: in ciascuno di questi casi stupisce l’attenzione per i dettagli, la sottolineatura di toni ora glamour ora naïf, ad assecondare diverse temperature di sguardo e di racconto. I corpi di stelle famose, o di interpreti pressoché anonime, campeggiano invece soprattutto nelle pagine interne o nel retro di copertina; si distendono su superfici insolite, in pose che disegnano geografie del desiderio piuttosto esplicite. In una stagione «di frenesie e di improvvisazioni, […] di fondazioni sistematiche o totalizzanti o di vacue divagazioni» (Pellizzari 2003, p. 469), il corpo femminile gioca un ruolo cruciale: funge da richiamo e, ovviamente, da stimolo e da appagamento di una generica pulsione voyeuristica, ma è anche l’espressione concreta di uno scenario, divistico ma non solo, che è in mutamento e in via di ridefinizione (Pierini 2017).